Abstract
Agostino d’Ippona è stato un punto di riferimento costante nella produzione filosofica arendtiana, a partire dalla dissertazione di dottorato del 1928, intitolata Il concetto d’amore in Agostino, fino alle ultime pagine scritte prima di morire, e dedicate alla trattazione della volontà. Il segno più evidente di questo rapporto è costituito da una frase del De civitate Dei, «initium ut esset creatus est homo, ante quem nullus fuit» sulla quale Hannah Arendt fonda il proprio concetto di libertà, intesa come la capacità dell’uomo di “essere” un nuovo inizio. Attraverso questo concetto H. Arendt tenta di restituire all’uomo il senso della propria irriducibile unicità, contro i tentativi del potere di rendere ogni individuo “superfluo”. A monte dell’interesse per Agostino vi sono, però, anche ragioni di carattere biografico, se è vero che la donna conobbe Agostino attraverso la mediazione, umana e intellettuale, del suo maestro Martin Heidegger.